Siamo tutti qatarini

… pur non qualificati ci laureiamo campioni mondiali di ipocrisia!

Mentre si celebrava il rito del mondiale qatariota e la nazionale marocchina si guadagnava il rispetto del mondo, portando per la prima volta una squadra africana in semifinale, si svelava il sacrilegio del Parlamento europeo: proprio marocchini e qatarioti avevano corrotto integerrimi parlamentari e funzionari al fine di indurli a parlare bene dei loro paesi. E allora facciamolo gratis, almeno su un blog insignificante, parliamone bene, un po’. Dimostriamo che hanno buttato i soldi, perché a leggere le ipocrisie con cui giornali e televisioni hanno condito i commenti sui mondiali di calcio non si può non provare un briciolo di simpatia per questi arabi.

D’altra parte noi italiani abbiamo iniziato la nostra opera moralizzatrice con una domanda grave e seria: giusto giocare questi mondiali in un paese così lontano dai nostri standard sui diritti civili? Noi che abbiamo soltanto tre morti al giorno sul lavoro, possiamo tollerare di giocare dentro a stadi costruiti nel deserto e che sono costati seimila vite umane?

Vabbè a noi la risposta l’ha data la Macedonia, facendoci fuori dai mondiali, ma si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli, se non può più dare il cattivo esempio. E allora avanti con la morale.

Noi che abbiamo abolito il delitto d’onore da qualche decennio, possiamo accettare la condizione femminile nel paese con il PIL pro capite più alto al mondo?

Ci siamo dati subito una risposta, altrettanto grave ma plausibile: vabbè il calcio è calcio e chissenefrega. Avanti con Lele Adani e la Bobo Tv. Noi siamo culturalmente progrediti, mica gli arabi.

A questo punto gli altri, quelli che ai mondiali ci erano andati perché non avevano affrontato la Macedonia, hanno pensato: visto che ci stiamo te lo voglio dire. E allora la mano davanti alla bocca dei tedeschi, ma contro la FIFA che non ci fa indossare la fascia da capitano che avrebbe cambiato il mondo, tutti in ginocchio prima della partita contro l’Inghilterra e via dicendo.

Ci sarebbero anche gli iraniani, quelli sì, gente seria. Non cantano l’inno e a casa hanno famiglia. Poi perdono con gli Stati Uniti, come al solito. Se sei solidale li fai vincere, almeno su un campo di calcio. Non ho cantato l’inno ma ho eliminato l’imperialista americano: scarcera i miei fratelli.

In realtà, se è vero che il Qatar è un posto difficilmente comprensibile agli occhi occidentali, è anche vero che questi stessi occhi occidentali ci vedono bene quando vogliono fare affari con sceicchi ed emiri.

Soltanto a novembre la Germania, il paese che più al mondo sembra voler uscire dall’uso di idrocarburi, ha stipulato un accordo di fornitura per il gas qatariota.

Ma che non si dica: a siglare il patto non è stata una società dell’energia tedesca. Il contratto è tra il gruppo statale QatarEnergy e ConocoPhillips, una multinazionale degli idrocarburi statunitense che rivenderà ai tedeschi. Questa ipocrisia tedesca deve avere una ragione che non conosciamo, sì perché gli affari tra tedeschi e qatarioti sono sotto gli occhi di tutti. Leggiamo sul Manifesto che secondo Fair Finance International la sola Deutsche Bank ha contribuito alla realizzazione di questi mondiali con il 42% dei finanziamenti europei, 15,7 miliardi di dollari. In Germania il Qatar – con quote di Porsche, Volkswagen e accordi energetici importanti – detiene una partecipazione del 6,1% in Deutsche Bank (ma anche nel Credit Suisse) attraverso l’ex premier Sheikh Hamad bin Jassim al-Thani. Il maggiore investitore europeo in Qatar e in obbligazioni sovrane qatariote è Allianz, con oltre 4 miliardi di dollari.

Già sappiamo del Paris Saint German, una specie di circo Barnum di proprietà del Qatar Sports Investments.

In Italia i fondi del Qatar hanno investito nel marchio Valentino e gettato una manciata di miliardi di dollari in alberghi e centri commerciali. La Costa Smeralda e Porta Nuova a Milano sono qatariote.

Con una mano puntiamo il dito, con l’altra prendiamo i soldi.

Ma non basta. Pecunia non olet e se questi pagano ci deve essere qualcuno che vende. Basterebbe ammetterlo.

L’ipocrisia ben più stucchevole è quella del pregiudizio culturale.

Per tutta la manifestazione siamo stati a puntare il dito sui comportamenti, invero piuttosto castigati, degli emiri. Eravamo talmente presi dal ruolo di Savonarola che non ci siamo risparmiati la morale sui giocatori argentini piuttosto maleducati con gli olandesi, su Ronaldo che piange come un bambino, sul portiere che usa il premio del migliore come un simbolo fallico.

Sono stati i mondiali della riscoperta della morale borghese.. agli altri. Tanto da noi il campionato ricomincia nel 2023 con la più potente squadra accusata di un clamoroso falso in bilancio e il nostro Governo pensa ad una comoda rateizzazione dei debiti delle società calcistiche verso i loro dipendenti e il fisco.

Sia chiaro, il mancato riconoscimento dei diritti alle minoranze e ad ogni “diversità” è fatto gravissimo. Certo che noi italiani a leggere certe dichiarazioni di politici che ricoprono importanti incarichi non siamo da meno, ma almeno non mandiamo in galera gli omosessuali. Almeno per ora. Per il futuro Adinolfi potrebbe vestirsi come un emiro per dar forza alle sue idee, ci vorrebbe un po’ di stoffa, ma l’immagine sarebbe autorevole.

Fino alla finale non avevamo fatto abbastanza. Dovevamo fare di più. Il nostro pregiudizio culturale ha mostrato al mondo le vette della nostra cultura occidentale con la stupida polemica sul bisht con cui quello che paga lo stipendio a Messi lo ha incoronato campione dei campioni. Eh, già, quell’abitino è più o meno il corrispondente della nostra corona, magari di alloro, solo che noi siamo noi, con i nostri sacri simboli occidentali e loro…

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