Freud e Platone

Riflessioni in libertà su un bel libro di Marco Solinas

Platone non è stato un precursore della psicanalisi. Freud non ha attinto a piene mani da Platone.

Con queste necessarie premesse il discorso sembrerebbe chiuso.

Eppure le analogie tra la ricerca  intorno alla Psiche del filosofo e quella dello psicanalista sono sorprendenti e non possono che stuzzicare la fantasia di chi abbia una qualche conoscenza dell’uno e dell’altro. Mi sembra che il libro di Solinas, Psiche: Platone e Freud, Desiderio, sogno, mania e eros sia un ottimo punto di vista sul rapporto tra i due, rapporto del quale si è sempre parlato con troppo pudore, quasi che la “scienza” psicoanalitica non volesse pagare una sorta di tributo alla filosofia antica, o comunque non volesse lasciar spazio a sospetti di contaminazioni.

E’ comprensibile: Platone è un filosofo che ci ha lasciato nel 347 AC. Freud è un medico, opera a cavallo dei due secoli moderni e da subito deve difendere le sue idee riguardo al curare con le parole dalle accuse feroci del mondo positivista. Già Jung concede troppo alla filosofia, figurarsi se lo avesse fatto il fondatore. Citare Platone sarebbe stata la sua fine. Meraviglia piuttosto che i tanti detrattori di Freud non abbiano utilizzato questa leva per tacciare il fondatore della psicoanalisi di ogni nefandezza antiscientifica. Del resto i detrattatori di Freud sono in gran parte anche avversari del positivismo e del materialismo, non avrebbero potuto accusare il loro avversario di connivenza con il nemico.

Solinas indaga questo spazio libero con precisione e competenza. Al suo libro si possono rimproverare un linguaggio e un rigore troppo accademici e troppo poco divulgativi, ma i concetti sono chiari e, dal mio punto di vista, corretti.

Si comincia partendo dalla analogie tra i due che non sembrano essere soltanto apparenti: la tripartizione dell’anima in Platone che trova un riscontro nella distinzione freudiana tra Es, Io e Super-io. L’analogia è immediatamente evidente nel numero tre.

La tripartizione di Platone pone due delle tre anime sullo stesso piano, mentre una terza è assunta a guida e giudice delle altre due. Le tre componenti platoniche sono l’anima irascibile”, l’impulso ad agire; la “concupiscibile”, l’appetito e il desiderio; e la “razionale”, che deve fungere da guida alle altre. Il mito dell’auriga con i due cavalli, uno che tende al cielo, l’altro che tira verso la terra, è la plastica raffigurazione della costruzione di Platone.

I tre attori invocati da Freud riproducono uno schema qualitativamente diverso, con l’Io che è la sfera che corrisponde alla parte cosciente della personalità. Anche qui la funzione sovraordinata è quella di mediare tra le due opposte sfere del Super-io e dell’Es. L’Io è la faccia, la maschera, che compone un equilibrio unitario con le spinte provenienti dal mondo esterno, l’ es «rappresenta la voce della natura nell’animo dell’uomo».

Insomma, i due pensatori fanno in tre l’anima umana, ma in Platone vengono distinte tre stanze tutto sommato sullo stesso piano dell’edificio, Freud ne pone una nel sottoscala, l’altra al pian terreno e la terza come facciata che si presenta al mondo.

Il discorso si fa decisamente più interessate e rimescola le stanze quando si mette a fuoco la dottrina dei desideri esposta da Platone.

In particolare quando leggiamo, nel libro IX della Repubblica, della funzione rivelatrice dei sogni è difficile non essere tentati dallo stabilire una diretta connessione tra Freud e Platone.

Se pensiamo all’attenzione, tanto filosofica quanto rivoluzionaria, del pensiero di Freud riguardo a desideri, rimozione e repressione non possiamo non ricordare: “la tematizzazione platonica del sogno come riemersione dei desideri repressi che farà in Freud la via regia verso l’inconscio”, scrive giustamente Mario Vegetti nella Presentazione, riassumendo il cuore della indagine di Solinas e il punto di contatto più evidente tra la concezione platonica e quella freudiana.

Il sogno quindi, appare la via d’ingresso a quello che Freud chiama inconscio e che per Platone è la rivelazione della natura dell’uomo, nell’aspetto che sfugge alle convenzioni sociali, al controllo, alla ragione. L’uomo peggiore è colui che da sveglio si comporta esattamente come l’abbiamo descritto in sogno, scriverà a proposito il filosofo.

Sotto l’uomo che vediamo di giorno c’è un uomo notturno che riaffiora nel sogno.

La dialettica tra questi due uomini, quello notturno e quello diurno, è di estremo interesse per il filosofo quanto che per lo psicanalista.

Tripartizione dell’anima e sogno come porta di accesso all’uomo sommerso, che tutto sommato è il vero uomo. Fin qui le analogie che appaiono incontrovertibili.

Le distanze incolmabili tra filosofia platonica e psicoanalisi emergono però tanto nel metodo che nelle finalità che muovono l’analisi dell’anima in Platone e Freud.

Freud è un medico e la sua finalità è terapeutica. Platone è un filosofo, si occupa dell’ordine cosmologico, dell’organizzazione della Repubblica e delle anime dei cittadini. Questi tre ordini sono visti come una matrioska e quando non entrano perfettamente l’uno nell’altro si crea una patologica, politica, sociale, personale.

Per Platone, l’attenzione terapeutica è tutta centrata nella sfera politica e sociale. L’equilibrio dei cittadini e il buon funzionamento della polis sono valori simmetrici, se non funziona il cittadino non funziona la polis e viceversa. Ognuno deve stare al suo posto, tanto che c’è chi obietta: chi si occupa della felicità dei custodi? Socrate/Platone risponderà che la felicità dei custodi è fare il proprio dovere. L’ordine sociale determina l’ordine psichico. Punto.

C’è di più: polis e psiche sono l’una immagine dell’altra. La Polis è anche la cura dell’anima e le restituisce armonia quando ognuno è assegnato al compito che gli appartiene per costituzione ed indole. I governanti entrano nell’intimo del cittadino fino a stabilirne la corretta educazione, così come la ragione controlla i desideri inopportuni. Forse non a caso si è parlato di comunismo di Platone, in realtà l’ateniese era uno stucchevole conservatore.

Dal lato opposto Freud teorizza la prevalenza della struttura edipica, l’isolamento ermeneutico del soggetto e la conseguente soluzione nella pratica analitica frontale. Potremmo parlare del ruolo del transfert, ma questo resta un fatto tra terapista e paziente.

Gli uomini che si sottopongono alla cura psicoanalitica non sono migliori degli altri e la psicanalisi non aiuta a costruire una società migliore.

Freud non è neanche sfiorato dall’idea di evocare una società armonica per sviluppare personalità armoniche. Non c’è nessuna tensione morale o politica in Freud.

Il libro di Solinas si conclude opportunamente con una sfida della metapsicologia alla metafisica che ha una significativa ricaduta proprio sul piano morale: la dinamica psichica tratteggiata da Platone rimanda alla contemplazione dei modelli ideali “che fondano del resto il modello vero e assoluto di giustizia rispetto al quale la giustizia interiore e la stessa giustizia di natura non rappresentano che un pallido riflesso”. Sullo sfondo l’idea del bene che è causa di tutto ciò che è retto e bello (Repubblica 517bc). D’altra parte Freud con la sua certezza: i principi della coscienza morale sono privi di ogni fondamento filosofico, sono illusioni e manifestazioni deliranti. Dio, la religione, non sono altro che psicologia proiettata nel mondo esterno (Cfr. Freud, Piscopatologia della vita quotidiana, OSF, vol. 4. Pagg. 279, ss).

Tra Platone e Freud non c’è da scegliere. Le due impostazioni, per quanto affascinante sia il confronto, restano su piani epistemologici considerevolmente diversi.

Nel dubbio, però, mi permetto di scegliere Platone. La sua indagine a quasi due millenni e mezzo di distanza da quella di Freud, appare più moderna, nei suoi tratti essenziali e sgrossati dal tempo in cui Platone scrive e soprattutto dice.

Dobbiamo ricordare che lo scritto di Platone era la punta di un iceberg, secondario rispetto alle dottrine non scritte. Grazie alla scuola di Tubinga, in Italia a Giovanni Reale, siamo in grado di ricostruire qualcosa delle dottrine non scritte, che forse allontanerebbero ulteriormente Platone da Freud.

Nel campo degli studi sulla mente e sull’anima, Jung e forse Bateson appaiono, nell’essenza, più platonici di Freud, ma quello di Solinas è un viaggio che andava fatto una volta per tutte ed è stato un viaggio piacevole e stimolante.