Si può allenare la fortuna?
Questa strana domanda mi è comparsa in una chat tra amici, mentre scherzavamo di sport.
Ho risposto con una battuta:
Sia che tu pensi di aver fortuna, o di non averla, hai ragione.
Parafrasi di un aforisma abusato e scontato.
Mi sono subito sorpreso: quella che era soltanto una battuta messa lì per abitudine a citare l’ovvio in realtà mi sembrava una buona risposta ad una buona domanda.
Un po’ di fortuna si allena.
Se poi il giorno della finale olimpica i tuoi avversari saranno presi da un attacco di dissenteria, questo no, non puoi allenarlo.
La domanda è:
Come si può allenare la fortuna?
La fortuna si allena sfidandola.
Del resto Virgilio ci insegna che Audentes fortuna iuvat. Quando vedo tatuata questa frase su un muscoloso bagnante o sul corpo temprato di un atleta mi chiedo: ma lo saprà che fine ha fatto Turno?
Sì, perché Turno usa questa frase per incitare i suoi ad attaccare Enea. Come è finita lo sappiamo tutti.
Attenzione però, Virgilio parla di audentes, non di audaces, come comunemente si dice… inoltre dalle fonti storiche non risulta che Virgilio avesse tatuaggi.
Nell’audens prevalgono valore e coraggio, l’audax, invece, è sfrontato, temerario, impavido, anche arrogante.
L’audens è fico, l’audace è un pirla.
Chi vuole allenare la fortuna si allena ad aver confidenza con il suo limite… confidando di poterlo superare.
Il punto è che gli sportivi che conquistano quello stato mentale che i latino americani chiamano confiancia, fiducia, sicurezza, ma anche familiarità, è senz’altro un passo avanti verso l’aver fortuna.
Non dobbiamo pensare a qualcosa di magico: allenare la fortuna significa prendere confidenza con il massimo che si può ottenere da se stessi.
C’era una squadra di pallavolo che aveva una incredibile fortuna in battuta: spesso la palla colpiva il nastro, mettendo in seria difficoltà l’avversario. Dato che l’allenatore è un amico decisi di andare a scoprire il perché di questa fortuna leggendaria. Entrai in palestra mentre questa squadra concludeva l’allenamento. L’allenatore aveva teso una fettuccia tra le asticelle laterali, a circa trenta centimetri dal nastro superiore della rete. Le ragazze dovevano far passare le proprie battute tra nastro e fettuccia. L’esercizio allenava ad una battuta particolarmente efficace, ma aveva come prodotto secondario una buona percentuale di nastri/punto. Al contrario era da mettere in preventivo una percentuale maggiore di errori. E’ un esercizio che facciamo ad ogni allenamento, mi aveva spiegato l’allenatore. Le ragazze si divertivano a giocare i palloni nello spazio apparentemente angusto, tenendo un punteggio e vantandosi dei propri record. Ecco spiegato il trucco della loro fortuna.
Steve Prefontaine, leggendario mezzofondista statunitense, visse il limite tra audens e audax: la sua tattica nei cinquemila era quella di partire a tutto gas…ed arrivare al traguardo nella stessa maniera. Non sempre andava come doveva, spesso “Pre” aveva la fortuna di veder cedere i suoi avversari prima che lui stesso finisse la benzina. Le sue vittorie e i suoi records però non dovevano nulla alla buona sorte, Steve si divertiva a giocare e scommettere e più volte ha dichiarato che la sua sfida fosse una scommessa: mi fermo prima io o si ferma lui?
Ottenere meno che il tuo massimo significa sacrificare un dono, sosteneva Prefontaine.
Il dono della fortuna che hai o non hai allenato, aggiungerei.