Seduti

Un canto di uccellini. Questa era la sveglia di Renzo. O meglio, questa era la prima sveglia impostata sul suo Huawei. Un avvertimento. Poi ce ne sarebbero volute altre tre, prima che Renzo fosse sceso dal letto.

Quella mattina, dopo la terza suoneria, fece tutto quello che faceva ogni mattina. Non poteva essere altrimenti, perché era una mattina in tutto e per tutto come le altre.  Accese l’interruttore della sua macchina da caffè compatibile Nespresso, bevve un bicchiere d’acqua, andò a fare pipì, et cetera, et cetera. Portò il caffè alla moglie ancora addormentata, lo lasciò sul comodino, le diede un bacio e poi rimase passivo sette minuti sotto il getto della doccia. Si lavò e si vestì di tutto punto.

Vendeva case.

All’inizio Mara, sua moglie, professoressa di Arte in pensione, gli disse: è importante vestirsi bene per il tuo lavoro. Questo gli bastò. Mara se ne intendeva di arte, aveva un buon gusto. Come ogni mattina Renzo aprì la persiana della stanza da letto. Come ogni mattina cercò il giornale sui gradini dell’androne.

Quella mattina non lo trovò.

Ma erano ormai diverse mattine, quattro, forse cinque, che proprio nel momento di cercare il giornale, la giornata prendeva una brutta piega.

Al posto del quotidiano c’erano, seduti, spalle al portone, del tutto immobili, due ragazzi. Succedeva da giorni. Forse quattro, precisò Mara. Sono quattro mattine che è la stessa storia, disse. Sempre quei due ragazzi, seduti sulle scale. In silenzio. Con un tablet in mano. La prima mattina Renzo scavalcò i ragazzi e andò a lavoro. Al suo ritorno i due ragazzi erano seduti ancora sui gradini di casa. Renzo e Mara cenarono e non si dissero una parola.

Quella sera, la prima di quella storia, Renzo uscì per cacciare gli intrusi. I due non risposero alle sue rimostranze. Del resto fu timido, gli chiese gentilmente di andare a casa.  Quelli rimasero, lì, a fissare il tablet. Non si mossero.

Non si muovono. Disse Renzo quando rientrò in casa.

Così passò il secondo giorno. La sera successiva Mara disse: “Forse sentono freddo”. Renzo prese un vecchio plaid e lo diede ai ragazzi.

E così arrivò quella mattina, la quarta, che ad un certo punto non era più come le altre. Le altre di prima. Prima che quei due si mettessero sui gradini.

Tranne la faccenda del plaid Renzo non aveva preso iniziative. Nonostante la sua inerzia quella mattina sperava più delle altre di trovare le scale libere. Insomma, prima o poi il problema si sarebbe risolto da solo. Invece no, i due ragazzi erano ancora lì. Lui, un giovanotto rosso, capelli ben pettinati, vestito con una maglia Adidas bianca, neanche macchiata. Lei bionda, bruttina, un po’ grassoccia, portava un paio di jeans, una maglietta semplice, bianca. Superga bianche. Una macchia bianca sulle scale.

Ecco cosa sembravano dalla finestra. Una macchia con un tablet in mano.

 Renzo aprì la porta e Mara disse: prima o poi avranno fame e andranno via. Aggiunse andranno via perché Renzo non portasse loro da mangiare, come quando disse sentiranno freddo e lui portò loro un plaid. Non voleva che Renzo risolvesse il problema della fame, come aveva risolto quello del freddo.

I due avevano l’aria di non voler schiodare. Occhi sul tablet, cinque o sei volte al giorno lei passava il dito veloce sullo schermo, come a cambiar pagina.

Mara, il giorno prima, era stata tutto il tempo ad osservarli. Al rientro aveva detto a Renzo: non si sono mossi. Hanno cambiato schermata per cinque o sei volte. Poi sempre fermi.

Fu, quella mattina, al momento di scavalcarli per la quarta o quinta mattina consecutiva che Renzo prese il coraggio. Non è mica vero che il coraggio se non ce lo hai non te lo dai. Ci sono dei momenti in cui lo trovi. Renzo afferrò il ragazzo alle spalle e lo scosse.

Che cosa guardi in quel tablet?!?! Almeno questo si può sapere?

Il ragazzo non rispose. Rimase con gli occhi fissi sullo schermo come se niente fosse accaduto.

La ragazza bruttina si girò, ebbe un sussulto, come se qualcuno l’avesse svegliata. Scosse la testa. Aveva occhi chiari, belli. Erano stanchi, le vene rosse. Si vedeva bene che erano stanchi.

Marco, disse la ragazza bruttina, sarà qualche minuto ormai che stiamo guardando, alzati!

Marco, alzò lo sguardo e disse a Renzo: sì, certo, ci scusi. E’ un po’ che stiamo sulle sue scale. Passi, passi pure. Ci scusi.

Marco sconnesse la energy bank dal tablet e lo porse a Renzo perché glielo tenesse, mentre lui si sistemava e si sgranchiva le braccia.

Renzo lo afferrò, lo guardò, rimase in silenzio e si mise seduto.

Dopo qualche minuto passò velocemente il dito sullo schermo. I due ragazzi intanto si scrollavano da dosso la polvere, allungavano gli arti.

Renzo seduto fissava il tablet, si girò verso Mara, la professoressa di Arte in pensione e disse.

Amore vieni! Mara si mise seduta e rimase a guardare.

Il Tondo Doni è bellissimo nella risoluzione HD, disse Mara, mentre la ragazza bruttina si mise seduta alla sua destra e il bel ragazzo con l’Adidas bianca si accovacciò sul gradino più alto, alle spalle di Renzo.

 Solo qualche minuto, disse Renzo mentre già calava il sole.

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