Sei tutta mia!

Sì, è vero sono già stato innamorato.  Ho conosciuto alcune donne prima di te. Ormai, ho quaranta anni cara, è normale che mi sia innamorato prima di conoscerti. Però posso giurarti che mai è stato come adesso. In fondo sono contento di questa situazione, posso averti tutto per me.  E poi non mi andava proprio che ti vedessero in questo stato.

Troppo sfacciata.

Sì, lo so che non è colpa tua.

Ma sei tutta nuda.

Non puoi presentarti così, amore.

Continua a leggere

Sei veramente bella!

Sei veramente bella! Stupenda! Sai, sono un tipo geloso.  È sempre stato così con tutte. No, no. Smettila, adesso non c’è bisogno che sia tu a fare la gelosa. Non puoi tenermi il broncio per questo.

Sì, è vero sono già stato innamorato.  Ho conosciuto alcune donne prima di te. Ho quaranta anni cara, è normale che mi sia innamorato prima di conoscerti. Però posso giurarti che mai è stato come adesso. In fondo sono contento di questa situazione, posso averti tutto per me.  E poi non mi andava proprio che ti vedessero in questo stato. Troppo sfacciata. Sì, lo so che non è colpa tua. Ma sei tutta nuda. Non puoi presentarti così, amore.

Sì, è vero. E’ stata una bella fortuna questa cosa della quarantena. Il museo chiuso e tu che sei tutta per me. Non mi dispiace affatto che il museo sia chiuso. Eh, come dici? Ci sono anche quelli della sicurezza con le telecamere?

No, questo non lo tollero. Spioni.

L’uomo si volse verso la telecamera e mostrò il dito medio.

Abbiamo ancora il matto oggi? Sospirò il vigilante mentre giocherellava con il telefonino e prendeva posto alla consolle per il suo turno di notte. Palazzo Forti era deserto, lo sarebbe stato lo stesso alle nove di sera. Ma quel deserto sapeva di vuoto. Di un mondo sospeso a galleggiare nel vuoto.

Sì, disse il collega smontante. Passerai la notte con il matto. Infilò l’elastico della mascherina in dotazione. La tenne però bassa, sul collo. Stappò una Poretti quattro luppoli e ne bevve un sorso.

Ahhhh, fece soddisfatto. Si asciugò la bocca con il dorso della mano e poi porse la bottiglia al collega.

Tu sei matto, disse l’altro. E rimettiti la mascherina!

Ma dai, un sorso. Con l’alcool che c’è dentro non posso attaccarti nulla. E poi sono sano. Sano come un pesce. Fece un gesto goffo, come di un delfino che salta nell’acqua.

Ho tre figli a casa, fece l’altro. Vattene. Ma aveva l’acquolina in bocca e dentro al box della vigilanza l’aria era sempre secca.

Non ne hai un’altra? chiese.

No, disse il collega. È stata una dura giornata. Le ho finite. Si calzò su i pantaloni. Un gesto volgare.

Ok, passa qua. Fece la guardia a inizio turno. Guarda quel matto, disse. Ha coperto la telecamera con il camice nero.

Ma lascialo perdere. Più tardi ti fai un giro e sistemi le cose. Ma poi la città è deserta e siamo chiusi dentro al museo. Ci scopasse pure con quel quadro.  Ma lo senti?

Amore, quei tuoi seni geometrici, pieni, moderni. Quel tuo mento volitivo, quelle labbra carnose. Amo tutto di te. Mi fai impazzire! Andromeda, amore mio. TI ho incatenata per amore. Ti libererò, sì che ti libererò.

Questo è fuori! Disse la guardia montante.                                                        

La guardia smontante si mise il giaccone di servizio. Indossò le cuffie.

Spotify, disse indicandole con un dito. Lo disse perché l’altro lo guardava come a dire, cosa senti? Guarda qui, disse mostrando il telefono all’altra guardia. Selezione di musica Rock. Spacca. Senti che roba! Staccò la spina delle cuffie o e la stanzetta della sicurezza divenne un ambiente molto rumoroso. Insopportabile.

Ma falla finita! Disse la guardia montante. Lo disse perché era infastidito dalla musica. Sei ricco, amico mio. Con tre figli altro che Spotify.

Il vostro problema è che siete stupidi, urlò la guardia smontante per farsi ascoltare in quel casino. Poi collegò di nuovo le cuffie e fu silenzio. Il silenzio normale di quei giorni.

Stupidi? Ma poi voi, chi? Disse dopo un po’ la guardia montante, come se ci avesse pensato qualche secondo.

Non scaldarti. Voi veronesi, con questo perbenismo da ragionieri. Disse l’altro. Ma era mezzo sbronzo. Disse la prima cosa che gli venne in mente. Voi veronesi siete stupidi, era la prima cosa che gli fosse venuta in mente.

Hai bevuto troppo, vai a casa!

Dodici euro al mese, abbonamento family, sei account e ascolti tutta la musica che vuoi. Non devi essere ricco.

Il veronese, la guardia montante, fece un gesto della mano come a dire: lascia perdere. Adesso disattivo l’allarme, ti do tre minuti per uscire. Sparisci. Ma gli voleva bene, diceva così perché non vedeva l’ora di togliersi la mascherina e allungare i piedi sul tavolo.

Amore, amore mio. Passerò la notte in piedi davanti a te. Aspetto un tuo gesto per toglierti quelle catene. Disse il custode davanti alla telecamera coperta dal camice nero.

Ciao, bello! Fece la guardia smontante rivolto alla telecamera oscurata, lanciò un bacio al collega e se ne andò.

Beep fece l’antifurto disattivato per far uscire la guardia smontante.

Stock, fece il quadro di Tamara Lempicka che il custode staccò dal muro. Poi il custode mise il quadro in un sacco nero e spostò il sacco nel bagno. Alla fine, con calma, sapeva di avere tre minuti, sostituì il quadro con una stampa. Stessa identica cornice, che tanto le cornici di questi quadri moderni quasi non esistono.

Beep beep fece l’antifurto subito dopo che la porta di servizio fece sbaamm e la guardia smontante se ne fu andata.

Amore, amore mio. Adoro la tua acconciatura, quei capelli selvaggi, al vento. Fece il custode.