L’occhio

Non si vede ancora nessuno.

Allora mi viene in mente di controllare se il pacchetto che ho messo nella tasca del giaccone è a posto. Lo prendo con cura. Lo guardo. Sembra integro. Meglio un ultimo sguardo. Strappo lo scotch che tiene insieme la plastica con le bollicine, sfoglio con cura la carta velina.

Sì, è tutto a posto.

Quando devo muovermi la prima cosa che faccio è incartare con cura l’occhio.

Non lo metto nelle scatole, neanche in quella con su scritto, fragile, maneggiare con cura.

…..

Il racconto l’occhio è pubblicato nella raccolta: ogni giorno alle 18

Sei tutta mia!

Sì, è vero sono già stato innamorato.  Ho conosciuto alcune donne prima di te. Ormai, ho quaranta anni cara, è normale che mi sia innamorato prima di conoscerti. Però posso giurarti che mai è stato come adesso. In fondo sono contento di questa situazione, posso averti tutto per me.  E poi non mi andava proprio che ti vedessero in questo stato.

Troppo sfacciata.

Sì, lo so che non è colpa tua.

Ma sei tutta nuda.

Non puoi presentarti così, amore.

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Come ogni mattina

Come ogni mattina Renzo aprì la persiana della stanza da letto. Come ogni mattina cercò il giornale sui gradini dell’androne.

Quella mattina non lo trovò.

Ma erano ormai diverse mattine, quattro, forse cinque, che proprio nel momento di cercare il giornale, la giornata prendeva una brutta piega.

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SMART WORKING (2)

… Però mica era vero che stavamo insieme tutto il giorno. Non proprio. Lei se ne stava con quelle cuffiette a sentire musica e a darci dentro al computer. La sua azienda produce di tutto e soprattutto vende di tutto. Gli ordini non mancano.
Ogni tanto si alzava, si sgranchiva le gambe, si faceva un giretto per casa e ci dava nuovamente dentro.

Cuffiette e lavoro. Non parlavamo molto.

Poi ha cominciato a parlare.

Apri la finestra! Bevi troppo! Possibile che non ti trovi niente da fare? Prepari un boccone per pranzo? Si faceva il suo giretto e si ributtava a lavoro. Appena io mi avvicinavo si irrigidiva. Non puoi guardare amore, mi diceva.

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Device, storia di ordinaria connessione

InShot_20200306_112421652Finalmente su Amazon (qui) sono disponibili i racconti della serie Device. Si tratta di una serie di storie brevi che hanno un solo tema: raccontare la vita all’epoca dei cellulari, tablet, facebook, amazon e youtube.

Siamo tutti connessi, siamo tutti collegati ad un dispositivo. Fermiamoci un attimo e osserviamo una fermata del bus, una sala d’aspetto, un treno. Cosa sta facendo quella ragazza china su una tavoletta illuminata. Sta postando una storia? Sta chattando con il suo fidanzato? Sta nel gruppo whatsapp del corso di laurea? Probabilmente sta facendo tutto questo in rapida successione.  E quel signore  in giacca e cravatta con le cuffiette Iphone? Scrive e parla al telefono. Avrà mai staccato dal suo lavoro?

Vale la pena raccontarlo.

Nessuno di noi sfugge a questa nuova dimensione. Abbiamo ritrovato vecchi amici già dall’esordio di Facebook e anche se oggi mangiamo una pizza insieme, proprio come avremmo fatto una volta, anche se lasceremo i cellulari in modalità aereo, parleremo delle foto dei  figli … che abbiamo visto sui social.

E quel nonno? Ha ottanta anni e sono decenni che non torna al suo paese. Adesso se ne sta tutto il giorno sul gruppo degli amici di Vattelapesca, a commentare post, a rivivere i luoghi della sua infanzia. Ma quella non era casa della ragazzetta di cui si era innamorato? Che fine avrà fatto?

Non si tratta di essere apocalittici o integrati, secondo un vecchia e profetica definizione di Umberto Eco. Si tratta di raccontare come si vive oggi.

Senza giudizio. Senza sapere come andrà a finire.

C’è poi lo stile di scrittura e lettura. Questa vita collegata ci ha reso smart. In compenso ci annoiamo di tutto, non focalizziamo frasi che richiedono un’attenzione maggiore di otto secondi. La nostra comunicazione è veloce ed essenziale. Pronta e scattante. Sarebbe piaciuta ai futuristi, agli ermetici, ad Archiloco. Un po’ meno a Leopardi,  a Cicerone.

E’ così, punto. Non possiamo raccontare un contadino ai tempi della peste del seicento e farlo parlare come Renzo nei promessi sposi. Non più. Oggi, se raccontiamo un giovane della specie homo device, ci piace sentirlo parlare con il ritmo con cui parla e chatta.

Ogni racconto è lungo il tempo di uno spostamento sul bus. Non è letteratura: si può leggere in metropolitana. Si deve leggere in metropolitana, alzando gli occhi, alla fine, per controllare se intanto le cose non siano già cambiate.

Nei due racconti finali, quelli che parlano del prima, la prosa è quella di fine novecento. Qualcuno ha fatto notare come sia difficile il passaggio tra il poi e il prima.

E’ vero: è stato facile passare dal prima al poi, il contrario non è difficile, è impossibile.

Non sappiamo come andrà a finire, sappiamo che non possiamo tornare indietro.